Saturday, August 29, 2009

Ramadan Mubarak رمضان مبارك


In the name of the Father
In the name of the Son
In the name of the Holy Spirit

הוא LUI.

Alexandria, Egypt, Aug 09. CPG.

Thursday, August 6, 2009

A picture from the pyramids

I was a minister in the cabinet of Mustafa al-Nahhas. I began to think about a project to create elementary, primary and secondary schools that would be cost-free, including tuition, for exceptional boys and girls whose parents were peasants and workers.
We would follow-up by caring for them at university and study mission abroad. I presented the idea to the chief, and he welcomed it, while adding some changes of his own.
He wanted these schools for super-achieving children to be devoted to building the entire nation.
He asked me to propose the plan in the cabinet’s next meeting, pledging his stalwart support.
Dream 189, Dreams of Departure, Naguib Mahfouz, 2007.


Despite the recent studies conducted by the University of Kansas that found the Egyptians to be amongst the most pessimistic nations on earth, the country is growing fast and facing the international crisis pretty well.
On June 9, the Shura Council gave its blessing to 13 new agreements with a total investment commitment of LE 2.5 billion: Indian, Emirate, US, British and Italian companies will dig a combined number of 31 new gas and oil wells. Huge projects have been thought about for the sectors of transports and infrastructures too, especially in the Port Said area, facilitating the access to both fresh water and oil. A few weeks ago the Dow chemical company, a global leader in the production of chemicals in the food, water, petrochemical and pharmaceutical industries, agreed to enter into partnership with the Young Arab Leaders and to participate in the YAL’2009 Innovation & Entrepreneurship Initiative. Last but not at least, the Egyptian Ministry of Communication and Technology signed a deal with Fujitsu to furnish the Ministry of Education with 10.000 new laptops.
It is clear that the Hernando De Soto theory about “The Mystery of Capitalism” no longer works or Egypt is converting into a new generation of capitalistic country. The key answer is not so easy to find and it may be reached only by analysing within the economical phenomenon, from the information to the legal property aspects. Maybe it isn’t even something new and, as Ibn Khaldun taught five centuries ago, history is cyclic. So whilst the West needs to touch the ground to regenerate itself, other countries, such as Egypt, are rising to a new and prosperous era.
Of course, the bad mood of the international environment affects the emergent countries as well. To give an example, many Egyptian sociologists are reporting an increase of insecurity among the population. This reaches from violence in the media, through conspiracy theories and the swine flu, to the wars. The increasing levels of hatred in the neighbouring lands, from Israel to Palestine, Iraq to Iran and even Afghanistan cannot leave the Egyptians indifferent. Many terrorists’ groups have important bases in Egypt and will work locally too. In 2007 the Egyptian constitution was reformed and the Muslim Brotherhood Party was banned. Now its members are not even allowed to participate in elections as independent candidates – this was the principal way for the dissidents to enter Parliament legally. But the President Hosni Mubarak is old and people are thinking about the next incumbent…


Egypt is a country with a lot of potential, but its political and economical situations don’t seem so very different from many other emergent countries. They are entering the international markets as active actors and still have to fight against powerful ghosts from their past at the same time as facing the current failings of their most important economic partners of the last decades.

Alexandria 5th August, 2009 by Caterina Pikiz Gattinoni

Saturday, August 1, 2009

Bucureşti


Green eyes and many stories

Gone in the future...

Keep me in your secrets
Keep me in your pain
Keep me in your love!

Dirty, old streets not ready yet

To be perfect

Not ready yet for full prosperity...

Lier!
No one single vampire was waiting to kill us.

Silent EDEN
Red valley
...of passions...

Monday, July 27, 2009

A summer in the Middle East

Dimashq, Syrian Arab Republic, 2006.
Reaching the mosque with Said, one day after the war broke out in Lebanon.

Saturday, June 6, 2009

BARACK OBAMA: Hussein Il Benedetto É Con Noi?

Traduzione integrale di Anna Bissanti del discorso del presidente americano Barack Obama all'Università del Cairo.
6mila parole senza mai pronunciare il termine 'terrorismo'.
05 Giugno 2009, Università de Il Cairo, Egitto - di Barack Obama

"Sono onorato di trovarmi qui al Cairo, in questa città eterna, e di essere ospite di due importantissime istituzioni. Da oltre mille anni Al-Azhar rappresenta il faro della cultura islamica e da oltre un secolo l'Università del Cairo è la culla del progresso dell'Egitto. Insieme, queste due istituzioni rappresentano il connubio di tradizione e progresso. Sono grato di questa ospitalità e dell'accoglienza che il popolo egiziano mi ha riservato. Sono altresì orgoglioso di portare con me in questo viaggio le buone intenzioni del popolo americano, e di portarvi il saluto di pace delle comunità musulmane del mio Paese: assalaamu alaykum."

"Ci incontriamo qui in un periodo di forte tensione tra gli Stati Uniti e i musulmani in tutto il mondo, tensione che ha le sue radici nelle forze storiche che prescindono da qualsiasi attuale dibattito politico. Il rapporto tra Islam e Occidente ha alle spalle secoli di coesistenza e cooperazione, ma anche di conflitto e di guerre di religione. In tempi più recenti, questa tensione è stata alimentata dal colonialismo, che ha negato diritti e opportunità a molti musulmani, e da una Guerra Fredda nella quale i Paesi a maggioranza musulmana troppo spesso sono stati trattati come Paesi che agivano per procura, senza tener conto delle loro legittime aspirazioni. Oltretutto, i cambiamenti radicali prodotti dal processo di modernizzazione e dalla globalizzazione hanno indotto molti musulmani a considerare l'Occidente ostile nei confronti delle tradizioni dell'Islam."

"Violenti estremisti hanno saputo sfruttare queste tensioni in una minoranza, esigua ma forte, di musulmani. Gli attentati dell'11 settembre 2001 e gli sforzi continui di questi estremisti volti a perpetrare atti di violenza contro civili inermi ha di conseguenza indotto alcune persone nel mio Paese a considerare l'Islam come inevitabilmente ostile non soltanto nei confronti dell'America e dei Paesi occidentali in genere, ma anche dei diritti umani. Tutto ciò ha comportato maggiori paure, maggiori diffidenze. Fino a quando i nostri rapporti saranno definiti dalle nostre differenze, daremo maggior potere a coloro che perseguono l'odio invece della pace, coloro che si adoperano per lo scontro invece che per la collaborazione che potrebbe aiutare tutti i nostri popoli a ottenere giustizia e a raggiungere il benessere. Adesso occorre porre fine a questo circolo vizioso di sospetti e discordia."

"Io sono qui oggi per cercare di dare il via a un nuovo inizio tra gli Stati Uniti e i musulmani di tutto il mondo; l'inizio di un rapporto che si basi sull'interesse reciproco e sul mutuo rispetto; un rapporto che si basi su una verità precisa, ovvero che America e Islam non si escludono a vicenda, non devono necessariamente essere in competizione tra loro. Al contrario, America e Islam si sovrappongono, condividono medesimi principi e ideali, il senso di giustizia e di progresso, la tolleranza e la dignità dell'uomo."

"Sono qui consapevole che questo cambiamento non potrà avvenire nell'arco di una sola notte. Nessun discorso o proclama potrà mai sradicare completamente una diffidenza pluriennale. Né io sarò in grado, nel tempo che ho a disposizione, di porre rimedio e dare soluzione a tutte le complesse questioni che ci hanno condotti a questo punto. Sono però convinto che per poter andare avanti dobbiamo dire apertamente ciò che abbiamo nel cuore, e che troppo spesso viene detto soltanto a porte chiuse. Dobbiamo promuovere uno sforzo sostenuto nel tempo per ascoltarci, per imparare l'uno dall'altro, per rispettarci, per cercare un terreno comune di intesa. Il Sacro Corano dice: "Siate consapevoli di Dio e dite sempre la verità". Questo è quanto cercherò di fare: dire la verità nel miglior modo possibile, con un atteggiamento umile per l'importante compito che devo affrontare, fermamente convinto che gli interessi che condividiamo in quanto appartenenti a un unico genere umano siano molto più potenti ed efficaci delle forze che ci allontanano in direzioni opposte."

"In parte le mie convinzioni si basano sulla mia stessa esperienza: sono cristiano, ma mio padre era originario di una famiglia del Kenya della quale hanno fatto parte generazioni intere di musulmani. Da bambino ho trascorso svariati anni in Indonesia, e ascoltavo al sorgere del Sole e al calare delle tenebre la chiamata dell'azaan. Quando ero ragazzo, ho prestato servizio nelle comunità di Chicago presso le quali molti trovavano dignità e pace nella loro fede musulmana."

"Ho studiato Storia e ho imparato quanto la civiltà sia debitrice nei confronti dell'Islam. Fu l'Islam infatti - in istituzioni come l'Università Al-Azhar - a tenere alta la fiaccola del sapere per molti secoli, preparando la strada al Rinascimento europeo e all'Illuminismo. Fu l'innovazione presso le comunità musulmane a sviluppare scienze come l'algebra, a inventare la bussola magnetica, vari strumenti per la navigazione; a far progredire la maestria nello scrivere e nella stampa; la nostra comprensione di come si diffondono le malattie e come è possibile curarle. La cultura islamica ci ha regalato maestosi archi e cuspidi elevate; poesia immortale e musica eccelsa; calligrafia elegante e luoghi di meditazione pacifica. Per tutto il corso della sua Storia, l'Islam ha dimostrato con le parole e le azioni la possibilità di praticare la tolleranza religiosa e l'eguaglianza tra le razze."

"So anche che l'Islam ha avuto una parte importante nella Storia americana. La prima nazione a riconoscere il mio Paese è stato il Marocco. Firmando il Trattato di Tripoli nel 1796, il nostro secondo presidente, John Adams, scrisse: "Gli Stati Uniti non hanno a priori alcun motivo di inimicizia nei confronti delle leggi, della religione o dell'ordine dei musulmani". Sin dalla fondazione degli Stati Uniti, i musulmani americani hanno arricchito il mio Paese: hanno combattuto nelle nostre guerre, hanno prestato servizio al governo, si sono battuti per i diritti civili, hanno avviato aziende e attività, hanno insegnato nelle nostre università, hanno eccelso in molteplici sport, hanno vinto premi Nobel, hanno costruito i nostri edifici più alti e acceso la Torcia Olimpica. E quando di recente il primo musulmano americano è stato eletto come rappresentante al Congresso degli Stati Uniti, egli ha giurato di difendere la nostra Costituzione utilizzando lo stesso Sacro Corano che uno dei nostri Padri Fondatori - Thomas Jefferson - custodiva nella sua biblioteca personale."

"Ho pertanto conosciuto l'Islam in tre continenti, prima di venire in questa regione nella quale esso fu rivelato agli uomini per la prima volta. Questa esperienza illumina e guida la mia convinzione che una partnership tra America e Islam debba basarsi su ciò che l'Islam è, non su ciò che non è. Ritengo che rientri negli obblighi e nelle mie responsabilità di presidente degli Stati Uniti lottare contro qualsiasi stereotipo negativo dell'Islam, ovunque esso possa affiorare."

"Ma questo medesimo principio deve applicarsi alla percezione dell'America da parte dei musulmani. Proprio come i musulmani non ricadono in un approssimativo e grossolano stereotipo, così l'America non corrisponde a quell'approssimativo e grossolano stereotipo di un impero interessato al suo solo tornaconto. Gli Stati Uniti sono stati una delle più importanti culle del progresso che il mondo abbia mai conosciuto. Sono nati dalla rivoluzione contro un impero. Sono stati fondati sull'ideale che tutti gli esseri umani nascono uguali e per dare significato a queste parole essi hanno versato sangue e lottato per secoli, fuori dai loro confini, in ogni parte del mondo. Sono stati plasmati da ogni cultura, proveniente da ogni remoto angolo della Terra, e si ispirano a un unico ideale: E pluribus unum. "Da molti, uno solo".

"Si sono dette molte cose e si è speculato alquanto sul fatto che un afro-americano di nome Barack Hussein Obama potesse essere eletto presidente, ma la mia storia personale non è così unica come sembra. Il sogno della realizzazione personale non si è concretizzato per tutti in America, ma quel sogno, quella promessa, è tuttora valido per chiunque approdi alle nostre sponde, e ciò vale anche per quasi sette milioni di musulmani americani che oggi nel nostro Paese godono di istruzione e stipendi più alti della media."

"E ancora: la libertà in America è tutt'uno con la libertà di professare la propria religione. Ecco perché in ogni Stato americano c'è almeno una moschea, e complessivamente se ne contano oltre 1.200 all'interno dei nostri confini. Ecco perché il governo degli Stati Uniti si è rivolto ai tribunali per tutelare il diritto delle donne e delle giovani ragazze a indossare l'hijab e a punire coloro che vorrebbero impedirglielo."

"Non c'è dubbio alcuno, pertanto: l'Islam è parte integrante dell'America. E io credo che l'America custodisca al proprio interno la verità che, indipendentemente da razza, religione, posizione sociale nella propria vita, tutti noi condividiamo aspirazioni comuni, come quella di vivere in pace e sicurezza, quella di volerci istruire e avere un lavoro dignitoso, quella di amare le nostre famiglie, le nostre comunità e il nostro Dio. Queste sono le cose che abbiamo in comune. Queste sono le speranze e le ambizioni di tutto il genere umano."

"Naturalmente, riconoscere la nostra comune appartenenza a un unico genere umano è soltanto l'inizio del nostro compito: le parole da sole non possono dare risposte concrete ai bisogni dei nostri popoli. Questi bisogni potranno essere soddisfatti soltanto se negli anni a venire sapremo agire con audacia, se capiremo che le sfide che dovremo affrontare sono le medesime e che se falliremo e non riusciremo ad avere la meglio su di esse ne subiremo tutti le conseguenze."

"Abbiamo infatti appreso di recente che quando un sistema finanziario si indebolisce in un Paese, è la prosperità di tutti a patirne. Quando una nuova malattia infetta un essere umano, tutti sono a rischio. Quando una nazione vuole dotarsi di un'arma nucleare, il rischio di attacchi nucleari aumenta per tutte le nazioni. Quando violenti estremisti operano in una remota zona di montagna, i popoli sono a rischio anche al di là degli oceani. E quando innocenti inermi sono massacrati in Bosnia e in Darfur, è la coscienza di tutti a uscirne macchiata e infangata. Ecco che cosa significa nel XXI secolo abitare uno stesso pianeta: questa è la responsabilità che ciascuno di noi ha in quanto essere umano."

"Si tratta sicuramente di una responsabilità ardua di cui farsi carico. La Storia umana è spesso stata un susseguirsi di nazioni e di tribù che si assoggettavano l'una all'altra per servire i loro interessi. Nondimeno, in questa nuova epoca, un simile atteggiamento sarebbe autodistruttivo. Considerato quanto siamo interdipendenti gli uni dagli altri, qualsiasi ordine mondiale che dovesse elevare una nazione o un gruppo di individui al di sopra degli altri sarebbe inevitabilmente destinato all'insuccesso. Indipendentemente da tutto ciò che pensiamo del passato, non dobbiamo esserne prigionieri. I nostri problemi devono essere affrontati collaborando, diventando partner, condividendo tutti insieme il progresso."

"Ciò non significa che dovremmo ignorare i motivi di tensione. Significa anzi esattamente il contrario: dobbiamo far fronte a queste tensioni senza indugio e con determinazione. Ed è quindi con questo spirito che vi chiedo di potervi parlare quanto più chiaramente e semplicemente mi sarà possibile di alcune questioni particolari che credo fermamente che dovremo in definitiva affrontare insieme."

"Il primo problema che dobbiamo affrontare insieme è la violenza estremista in tutte le sue forme. Ad Ankara ho detto chiaramente che l'America non è - e non sarà mai - in guerra con l'Islam. In ogni caso, però, noi non daremo mai tregua agli estremisti violenti che costituiscono una grave minaccia per la nostra sicurezza. E questo perché anche noi disapproviamo ciò che le persone di tutte le confessioni religiose disapprovano: l'uccisione di uomini, donne e bambini innocenti. Il mio primo dovere in quanto presidente è quello di proteggere il popolo americano."

"La situazione in Afghanistan dimostra quali siano gli obiettivi dell'America, e la nostra necessità di lavorare insieme. Oltre sette anni fa gli Stati Uniti dettero la caccia ad Al Qaeda e ai Taliban con un vasto sostegno internazionale. Non andammo per scelta, ma per necessità. Sono consapevole che alcuni mettono in dubbio o giustificano gli eventi dell'11 settembre. Cerchiamo però di essere chiari: quel giorno Al Qaeda uccise circa 3.000 persone. Le vittime furono uomini, donne, bambini innocenti, americani e di molte altre nazioni, che non avevano commesso nulla di male nei confronti di nessuno. Eppure Al Qaeda scelse deliberatamente di massacrare quelle persone, rivendicando gli attentati, e ancora adesso proclama la propria intenzione di continuare a perpetrare stragi di massa. Al Qaeda ha affiliati in molti Paesi e sta cercando di espandere il proprio raggio di azione. Queste non sono opinioni sulle quali polemizzare: sono dati di fatto da affrontare concretamente."

"Non lasciatevi trarre in errore: noi non vogliamo che le nostre truppe restino in Afghanistan. Non abbiamo intenzione di impiantarvi basi militari stabili. È lacerante per l'America continuare a perdere giovani uomini e giovani donne. Portare avanti quel conflitto è difficile, oneroso e politicamente arduo. Saremmo ben lieti di riportare a casa anche l'ultimo dei nostri soldati se solo potessimo essere fiduciosi che in Afghanistan e in Pakistan non ci sono estremisti violenti che si prefiggono di massacrare quanti più americani possibile. Ma non è ancora così."

"Questo è il motivo per cui siamo parte di una coalizione di 46 Paesi. Malgrado le spese e gli oneri che ciò comporta, l'impegno dell'America non è mai venuto e mai verrà meno. In realtà, nessuno di noi dovrebbe tollerare questi estremisti: essi hanno colpito e ucciso in molti Paesi. Hanno assassinato persone di ogni fede religiosa. Più di altri, hanno massacrato musulmani. Le loro azioni sono inconciliabili con i diritti umani, il progresso delle nazioni, l'Islam stesso."

"Il Sacro Corano predica che chiunque uccida un innocente è come se uccidesse tutto il genere umano. E chiunque salva un solo individuo, in realtà salva tutto il genere umano. La fede profonda di oltre un miliardo di persone è infinitamente più forte del miserabile odio che nutrono alcuni. L'Islam non è parte del problema nella lotta all'estremismo violento: è anzi una parte importante nella promozione della pace."

"Sappiamo anche che la sola potenza militare non risolverà i problemi in Afghanistan e in Pakistan: per questo motivo stiamo pianificando di investire fino a 1,5 miliardi di dollari l'anno per i prossimi cinque anni per aiutare i pachistani a costruire scuole e ospedali, strade e aziende, e centinaia di milioni di dollari per aiutare gli sfollati. Per questo stesso motivo stiamo per offrire 2,8 miliardi di dollari agli afgani per fare altrettanto, affinché sviluppino la loro economia e assicurino i servizi di base dai quali dipende la popolazione."

"Permettetemi ora di affrontare la questione dell'Iraq: a differenza di quella in Afghanistan, la guerra in Iraq è stata voluta, ed è una scelta che ha provocato molti forti dissidi nel mio Paese e in tutto il mondo. Anche se sono convinto che in definitiva il popolo iracheno oggi viva molto meglio senza la tirannia di Saddam Hussein, credo anche che quanto accaduto in Iraq sia servito all'America per comprendere meglio l'uso delle risorse diplomatiche e l'utilità di un consenso internazionale per risolvere, ogniqualvolta ciò sia possibile, i nostri problemi. A questo proposito potrei citare le parole di Thomas Jefferson che disse: "Io auspico che la nostra saggezza cresca in misura proporzionale alla nostra potenza e ci insegni che quanto meno faremo ricorso alla potenza tanto più saggi saremo".

"Oggi l'America ha una duplice responsabilità: aiutare l'Iraq a plasmare un miglior futuro per se stesso e lasciare l'Iraq agli iracheni. Ho già detto chiaramente al popolo iracheno che l'America non intende avere alcuna base sul territorio iracheno, e non ha alcuna pretesa o rivendicazione sul suo territorio o sulle sue risorse. La sovranità dell'Iraq è esclusivamente sua. Per questo ho dato ordine alle nostre brigate combattenti di ritirarsi entro il prossimo mese di agosto. Noi onoreremo la nostra promessa e l'accordo preso con il governo iracheno democraticamente eletto di ritirare il contingente combattente dalle città irachene entro luglio e tutti i nostri uomini dall'Iraq entro il 2012. Aiuteremo l'Iraq ad addestrare gli uomini delle sue Forze di Sicurezza, e a sviluppare la sua economia. Ma daremo sostegno a un Iraq sicuro e unito da partner, non da dominatori."

"E infine, proprio come l'America non può tollerare in alcun modo la violenza perpetrata dagli estremisti, essa non può in alcun modo abiurare ai propri principi. L'11 settembre è stato un trauma immenso per il nostro Paese. La paura e la rabbia che quegli attentati hanno scatenato sono state comprensibili, ma in alcuni casi ci hanno spinto ad agire in modo contrario ai nostri stessi ideali. Ci stiamo adoperando concretamente per cambiare linea d'azione. Ho personalmente proibito in modo inequivocabile il ricorso alla tortura da parte degli Stati Uniti, e ho dato l'ordine che il carcere di Guantánamo Bay sia chiuso entro i primi mesi dell'anno venturo. L'America, in definitiva, si difenderà rispettando la sovranità altrui e la legalità delle altre nazioni. Lo farà in partenariato con le comunità musulmane, anch'esse minacciate. Quanto prima gli estremisti saranno isolati e si sentiranno respinti dalle comunità musulmane, tanto prima saremo tutti più al sicuro."

"La seconda più importante causa di tensione della quale dobbiamo discutere è la situazione tra israeliani, palestinesi e mondo arabo. Sono ben noti i solidi rapporti che legano Israele e Stati Uniti. Si tratta di un vincolo infrangibile, che ha radici in legami culturali che risalgono indietro nel tempo, nel riconoscimento che l'aspirazione a una patria ebraica è legittimo e ha anch'esso radici in una storia tragica, innegabile."

"Nel mondo il popolo ebraico è stato perseguitato per secoli e l'antisemitismo in Europa è culminato nell'Olocausto, uno sterminio senza precedenti. Domani mi recherò a Buchenwald, uno dei molti campi nei quali gli ebrei furono resi schiavi, torturati, uccisi a colpi di arma da fuoco o con il gas dal Terzo Reich. Sei milioni di ebrei furono così massacrati, un numero superiore all'intera popolazione odierna di Israele. Confutare questa realtà è immotivato, da ignoranti, alimenta l'odio. Minacciare Israele di distruzione - o ripetere vili stereotipi sugli ebrei - è profondamente sbagliato, e serve soltanto a evocare nella mente degli israeliani il ricordo più doloroso della loro Storia, precludendo la pace che il popolo di quella regione merita."

"D'altra parte è innegabile che il popolo palestinese - formato da cristiani e musulmani - ha sofferto anch'esso nel tentativo di avere una propria patria. Da oltre 60 anni affronta tutto ciò che di doloroso è connesso all'essere sfollati. Molti vivono nell'attesa, nei campi profughi della Cisgiordania, di Gaza, dei Paesi vicini, aspettando una vita fatta di pace e sicurezza che non hanno mai potuto assaporare finora. Giorno dopo giorno i palestinesi affrontano umiliazioni piccole e grandi che sempre si accompagnano all'occupazione di un territorio. Sia dunque chiara una cosa: la situazione per il popolo palestinese è insostenibile. L'America non volterà le spalle alla legittima aspirazione del popolo palestinese alla dignità, alle pari opportunità, a uno Stato proprio."

"Da decenni tutto è fermo, in uno stallo senza soluzione: due popoli con legittime aspirazioni, ciascuno con una storia dolorosa alle spalle che rende il compromesso quanto mai difficile da raggiungere. È facile puntare il dito: è facile per i palestinesi addossare alla fondazione di Israele la colpa del loro essere profughi. È facile per gli israeliani addossare la colpa alla costante ostilità e agli attentati che hanno costellato tutta la loro storia all'interno dei confini e oltre. Ma se noi insisteremo a voler considerare questo conflitto da una parte piuttosto che dall'altra, rimarremo ciechi e non riusciremo a vedere la verità: l'unica soluzione possibile per le aspirazioni di entrambe le parti è quella dei due Stati, dove israeliani e palestinesi possano vivere in pace e in sicurezza."

"Questa soluzione è nell'interesse di Israele, nell'interesse della Palestina, nell'interesse dell'America e nell'interesse del mondo intero. È a ciò che io alludo espressamente quando dico di voler perseguire personalmente questo risultato con tutta la pazienza e l'impegno che questo importante obiettivo richiede. Gli obblighi per le parti che hanno sottoscritto la Road Map sono chiari e inequivocabili. Per arrivare alla pace, è necessario ed è ora che loro - e noi tutti con loro - facciamo finalmente fronte alle rispettive responsabilità."

"I palestinesi devono abbandonare la violenza. Resistere con la violenza e le stragi è sbagliato e non porta ad alcun risultato. Per secoli i neri in America hanno subito i colpi di frusta, quando erano schiavi, e hanno patito l'umiliazione della segregazione. Ma non è stata certo la violenza a far loro ottenere pieni ed eguali diritti come il resto della popolazione: è stata la pacifica e determinata insistenza sugli ideali al cuore della fondazione dell'America. La stessa cosa vale per altri popoli, dal Sudafrica all'Asia meridionale, dall'Europa dell'Est all'Indonesia. Questa storia ha un'unica semplice verità di fondo: la violenza è una strada senza vie di uscita. Tirare razzi a bambini addormentati o far saltare in aria anziane donne a bordo di un autobus non è segno di coraggio né di forza. Non è in questo modo che si afferma l'autorità morale: questo è il modo col quale l'autorità morale al contrario cede e capitola definitivamente."

"È giunto il momento per i palestinesi di concentrarsi su quello che possono costruire. L'Autorità Palestinese deve sviluppare la capacità di governare, con istituzioni che siano effettivamente al servizio delle necessità della sua gente. Hamas gode di sostegno tra alcuni palestinesi, ma ha anche delle responsabilità. Per rivestire un ruolo determinante nelle aspirazioni dei palestinesi, per unire il popolo palestinese, Hamas deve porre fine alla violenza, deve riconoscere gli accordi intercorsi, deve riconoscere il diritto di Israele a esistere. Allo stesso tempo, gli israeliani devono riconoscere che proprio come il diritto a esistere di Israele non può essere in alcun modo messo in discussione, così è per la Palestina. Gli Stati Uniti non ammettono la legittimità dei continui insediamenti israeliani, che violano i precedenti accordi e minano gli sforzi volti a perseguire la pace. È ora che questi insediamenti si fermino."

"Israele deve dimostrare di mantenere le proprie promesse e assicurare che i palestinesi possano effettivamente vivere, lavorare, sviluppare la loro società. Proprio come devasta le famiglie palestinesi, l'incessante crisi umanitaria a Gaza non è di giovamento alcuno alla sicurezza di Israele. Né è di giovamento per alcuno la costante mancanza di opportunità di qualsiasi genere in Cisgiordania. Il progresso nella vita quotidiana del popolo palestinese deve essere parte integrante della strada verso la pace e Israele deve intraprendere i passi necessari a rendere possibile questo progresso."

"Infine, gli Stati Arabi devono riconoscere che l'Arab Peace Initiative è stato sì un inizio importante, ma che non pone fine alle loro responsabilità individuali. Il conflitto israelo-palestinese non dovrebbe più essere sfruttato per distogliere l'attenzione dei popoli delle nazioni arabe da altri problemi. Esso, al contrario, deve essere di incitamento ad agire per aiutare il popolo palestinese a sviluppare le istituzioni che costituiranno il sostegno e la premessa del loro Stato; per riconoscere la legittimità di Israele; per scegliere il progresso invece che l'incessante e autodistruttiva attenzione per il passato."

"L'America allineerà le proprie politiche mettendole in sintonia con coloro che vogliono la pace e per essa si adoperano, e dirà ufficialmente ciò che dirà in privato agli israeliani, ai palestinesi e agli arabi. Noi non possiamo imporre la pace. In forma riservata, tuttavia, molti musulmani riconoscono che Israele non potrà scomparire. Allo stesso modo, molti israeliani ammettono che uno Stato palestinese è necessario. È dunque giunto il momento di agire in direzione di ciò che tutti sanno essere vero e inconfutabile."

"Troppe sono le lacrime versate; troppo è il sangue sparso inutilmente. Noi tutti condividiamo la responsabilità di dover lavorare per il giorno in cui le madri israeliane e palestinesi potranno vedere i loro figli crescere insieme senza paura; in cui la Terra Santa delle tre grandi religioni diverrà quel luogo di pace che Dio voleva che fosse; in cui Gerusalemme sarà la casa sicura ed eterna di ebrei, cristiani e musulmani insieme, la città di pace nella quale tutti i figli di Abramo vivranno insieme in modo pacifico come nella storia di Isra, allorché Mosé, Gesù e Maometto (la pace sia con loro) si unirono in preghiera."

"Terza causa di tensione è il nostro comune interesse nei diritti e nelle responsabilità delle nazioni nei confronti delle armi nucleari. Questo argomento è stato fonte di grande preoccupazione tra gli Stati Uniti e la Repubblica islamica iraniana. Da molti anni l'Iran si distingue per la propria ostilità nei confronti del mio Paese e in effetti tra i nostri popoli ci sono stati episodi storici violenti. Nel bel mezzo della Guerra Fredda, gli Stati Uniti hanno avuto parte nel rovesciamento di un governo iraniano democraticamente eletto. Dalla Rivoluzione Islamica, l'Iran ha rivestito un ruolo preciso nella cattura di ostaggi e in episodi di violenza contro i soldati e i civili statunitensi. Tutto ciò è ben noto. Invece di rimanere intrappolati nel passato, ho detto chiaramente alla leadership iraniana e al popolo iraniano che il mio Paese è pronto ad andare avanti. La questione, adesso, non è capire contro cosa sia l'Iran, ma piuttosto quale futuro intenda costruire."

"Sarà sicuramente difficile superare decenni di diffidenza, ma procederemo ugualmente, con coraggio, con onestà e con determinazione. Ci saranno molti argomenti dei quali discutere tra i nostri due Paesi, ma noi siamo disposti ad andare avanti in ogni caso, senza preconcetti, sulla base del rispetto reciproco. È chiaro tuttavia a tutte le persone coinvolte che riguardo alle armi nucleari abbiamo raggiunto un momento decisivo. Non è unicamente nell'interesse dell'America affrontare il tema: si tratta qui di evitare una corsa agli armamenti nucleari in Medio Oriente, che potrebbe portare questa regione e il mondo intero verso una china molto pericolosa."

"Capisco le ragioni di chi protesta perché alcuni Paesi hanno armi che altri non hanno. Nessuna nazione dovrebbe scegliere e decidere quali nazioni debbano avere armi nucleari. È per questo motivo che io ho ribadito con forza l'impegno americano a puntare verso un futuro nel quale nessuna nazione abbia armi nucleari. Tutte le nazioni - Iran incluso - dovrebbero avere accesso all'energia nucleare a scopi pacifici se rispettano i loro obblighi e le loro responsabilità previste dal Trattato di Non Proliferazione. Questo è il nocciolo, il cuore stesso del Trattato e deve essere rispettato da tutti coloro che lo hanno sottoscritto. Spero pertanto che tutti i Paesi nella regione possano condividere questo obiettivo."

"Il quarto argomento di cui intendo parlarvi è la democrazia. Sono consapevole che negli ultimi anni ci sono state controversie su come vada incentivata la democrazia e molte di queste discussioni sono riconducibili alla guerra in Iraq. Permettetemi di essere chiaro: nessun sistema di governo può o deve essere imposto da una nazione a un'altra."

"Questo non significa, naturalmente, che il mio impegno in favore di governi che riflettono il volere dei loro popoli, ne esce diminuito. Ciascuna nazione dà vita e concretizza questo principio a modo suo, sulla base delle tradizioni della sua gente. L'America non ha la pretesa di conoscere che cosa sia meglio per ciascuna nazione, così come noi non presumeremmo mai di scegliere il risultato in pacifiche consultazioni elettorali. Ma io sono profondamente e irremovibilmente convinto che tutti i popoli aspirano a determinate cose: la possibilità di esprimersi liberamente e decidere in che modo vogliono essere governati; la fiducia nella legalità e in un'equa amministrazione della giustizia; un governo che sia trasparente e non si approfitti del popolo; la libertà di vivere come si sceglie di voler vivere. Questi non sono ideali solo americani: sono diritti umani, ed è per questo che noi li sosterremo ovunque."

"La strada per realizzare questa promessa non è rettilinea. Ma una cosa è chiara e palese: i governi che proteggono e tutelano i diritti sono in definitiva i più stabili, quelli di maggior successo, i più sicuri. Soffocare gli ideali non è mai servito a farli sparire per sempre. L'America rispetta il diritto di tutte le voci pacifiche e rispettose della legalità a farsi sentire nel mondo, anche qualora fosse in disaccordo con esse. E noi accetteremo tutti i governi pacificamente eletti, purché governino rispettando i loro stessi popoli."

"Quest'ultimo punto è estremamente importante, perché ci sono persone che auspicano la democrazia soltanto quando non sono al potere: poi, una volta al potere, sono spietati nel sopprimere i diritti altrui. Non importa chi è al potere: è il governo del popolo ed eletto dal popolo a fissare l'unico parametro per tutti coloro che sono al potere. Occorre restare al potere solo col consenso, non con la coercizione; occorre rispettare i diritti delle minoranze e partecipare con uno spirito di tolleranza e di compromesso; occorre mettere gli interessi del popolo e il legittimo sviluppo del processo politico al di sopra dei propri interessi e del proprio partito. Senza questi elementi fondamentali, le elezioni da sole non creano una vera democrazia."

"Il quinto argomento del quale dobbiamo occuparci tutti insieme è la libertà religiosa. L'Islam ha una fiera tradizione di tolleranza: lo vediamo nella storia dell'Andalusia e di Cordoba durante l'Inquisizione. Con i miei stessi occhi da bambino in Indonesia ho visto che i cristiani erano liberi di professare la loro fede in un Paese a stragrande maggioranza musulmana. Questo è lo spirito che ci serve oggi. I popoli di ogni Paese devono essere liberi di scegliere e praticare la loro fede sulla sola base delle loro convinzioni personali, la loro predisposizione mentale, la loro anima, il loro cuore. Questa tolleranza è essenziale perché la religione possa prosperare, ma purtroppo essa è minacciata in molteplici modi."

"Tra alcuni musulmani predomina un'inquietante tendenza a misurare la propria fede in misura proporzionale al rigetto delle altre. La ricchezza della diversità religiosa deve essere sostenuta, invece, che si tratti dei maroniti in Libano o dei copti in Egitto. E anche le linee di demarcazione tra le varie confessioni devono essere annullate tra gli stessi musulmani, considerato che le divisioni di sunniti e sciiti hanno portato a episodi di particolare violenza, specialmente in Iraq."

"La libertà di religione è fondamentale per la capacità dei popoli di convivere. Dobbiamo sempre esaminare le modalità con le quali la proteggiamo. Per esempio, negli Stati Uniti le norme previste per le donazioni agli enti di beneficienza hanno reso più difficile per i musulmani ottemperare ai loro obblighi religiosi. Per questo motivo mi sono impegnato a lavorare con i musulmani americani per far sì che possano obbedire al loro precetto dello zakat."

"Analogamente, è importante che i Paesi occidentali evitino di impedire ai cittadini musulmani di praticare la religione come loro ritengono più opportuno, per esempio legiferando quali indumenti debba o non debba indossare una donna musulmana. Noi non possiamo camuffare l'ostilità nei confronti di una religione qualsiasi con la pretesa del liberalismo."

"È vero il contrario: la fede dovrebbe avvicinarci. Ecco perché stiamo mettendo a punto dei progetti di servizio in America che vedano coinvolti insieme cristiani, musulmani ed ebrei. Ecco perché accogliamo positivamente gli sforzi come il dialogo interreligioso del re Abdullah dell'Arabia Saudita e la leadership turca nell'Alliance of Civilizations. In tutto il mondo, possiamo trasformare il dialogo in un servizio interreligioso, così che i ponti tra i popoli portino all'azione e a interventi concreti, come combattere la malaria in Africa o portare aiuto e conforto dopo un disastro naturale."

"Il sesto problema di cui vorrei che ci occupassimo insieme sono i diritti delle donne. So che si discute molto di questo e respingo l'opinione di chi in Occidente crede che se una donna sceglie di coprirsi la testa e i capelli è in qualche modo "meno uguale". So però che negare l'istruzione alle donne equivale sicuramente a privare le donne di uguaglianza. E non è certo una coincidenza che i Paesi nei quali le donne possono studiare e sono istruite hanno maggiori probabilità di essere prosperi."

"Vorrei essere chiaro su questo punto: la questione dell'eguaglianza delle donne non riguarda in alcun modo l'Islam. In Turchia, in Pakistan, in Bangladesh e in Indonesia, abbiamo visto Paesi a maggioranza musulmana eleggere al governo una donna. Nel frattempo la battaglia per la parità dei diritti per le donne continua in molti aspetti della vita americana e anche in altri Paesi di tutto il mondo."

"Le nostre figlie possono dare un contributo alle nostre società pari a quello dei nostri figli, e la nostra comune prosperità trarrà vantaggio e beneficio consentendo a tutti gli esseri umani - uomini e donne - di realizzare a pieno il loro potenziale umano. Non credo che una donna debba prendere le medesime decisioni di un uomo, per essere considerata uguale a lui, e rispetto le donne che scelgono di vivere le loro vite assolvendo ai loro ruoli tradizionali. Ma questa dovrebbe essere in ogni caso una loro scelta. Ecco perché gli Stati Uniti saranno partner di qualsiasi Paese a maggioranza musulmana che voglia sostenere il diritto delle bambine ad accedere all'istruzione, e voglia aiutare le giovani donne a cercare un'occupazione tramite il microcredito che aiuta tutti a concretizzare i propri sogni."

"Infine, vorrei parlare con voi di sviluppo economico e di opportunità. So che agli occhi di molti il volto della globalizzazione è contraddittorio. Internet e la televisione possono portare conoscenza e informazione, ma anche forme offensive di sessualità e di violenza fine a se stessa. I commerci possono portare ricchezza e opportunità, ma anche grossi problemi e cambiamenti per le comunità località. In tutte le nazioni - compresa la mia - questo cambiamento implica paura. Paura che a causa della modernità noi si possa perdere il controllo sulle nostre scelte economiche, le nostre politiche, e cosa ancora più importante, le nostre identità, ovvero le cose che ci sono più care per ciò che concerne le nostre comunità, le nostre famiglie, le nostre tradizioni e la nostra religione."

"So anche, però, che il progresso umano non si può fermare. Non ci deve essere contraddizione tra sviluppo e tradizione. In Paesi come Giappone e Corea del Sud l'economia cresce mentre le tradizioni culturali sono invariate. Lo stesso vale per lo straordinario progresso di Paesi a maggioranza musulmana come Kuala Lumpur e Dubai. Nei tempi antichi come ai nostri giorni, le comunità musulmane sono sempre state all'avanguardia nell'innovazione e nell'istruzione."

"Quanto ho detto è importante perché nessuna strategia di sviluppo può basarsi soltanto su ciò che nasce dalla terra, né può essere sostenibile se molti giovani sono disoccupati. Molti Stati del Golfo Persico hanno conosciuto un'enorme ricchezza dovuta al petrolio, e alcuni stanno iniziando a programmare seriamente uno sviluppo a più ampio raggio. Ma dobbiamo tutti riconoscere che l'istruzione e l'innovazione saranno la valuta del XXI secolo, e in troppe comunità musulmane continuano a esserci investimenti insufficienti in questi settori. Sto dando grande rilievo a investimenti di questo tipo nel mio Paese. Mentre l'America in passato si è concentrata sul petrolio e sul gas di questa regione del mondo, adesso intende perseguire qualcosa di completamente diverso."

"Dal punto di vista dell'istruzione, allargheremo i nostri programmi di scambi culturali, aumenteremo le borse di studio, come quella che consentì a mio padre di andare a studiare in America, incoraggiando un numero maggiore di americani a studiare nelle comunità musulmane. Procureremo agli studenti musulmani più promettenti programmi di internship in America; investiremo sull'insegnamento a distanza per insegnanti e studenti di tutto il mondo; creeremo un nuovo network online, così che un adolescente in Kansas possa scambiare istantaneamente informazioni con un adolescente al Cairo."

"Per quanto concerne lo sviluppo economico, creeremo un nuovo corpo di volontari aziendali che lavori con le controparti in Paesi a maggioranza musulmana. Organizzerò quest'anno un summit sull'imprenditoria per identificare in che modo stringere più stretti rapporti di collaborazione con i leader aziendali, le fondazioni, le grandi società, gli imprenditori degli Stati Uniti e delle comunità musulmane sparse nel mondo."

"Dal punto di vista della scienza e della tecnologia, lanceremo un nuovo fondo per sostenere lo sviluppo tecnologico nei Paesi a maggioranza musulmana, e per aiutare a tradurre in realtà di mercato le idee, così da creare nuovi posti di lavoro. Apriremo centri di eccellenza scientifica in Africa, in Medio Oriente e nel Sudest asiatico; nomineremo nuovi inviati per la scienza per collaborare a programmi che sviluppino nuove fonti di energia, per creare posti di lavoro "verdi", monitorare i successi, l'acqua pulita e coltivare nuove specie. Oggi annuncio anche un nuovo sforzo globale con l'Organizzazione della Conferenza Islamica mirante a sradicare la poliomielite. Espanderemo inoltre le forme di collaborazione con le comunità musulmane per favorire e promuovere la salute infantile e delle puerpere."

"Tutte queste cose devono essere fatte insieme. Gli americani sono pronti a unirsi ai governi e ai cittadini di tutto il mondo, le organizzazioni comunitarie, gli esponenti religiosi, le aziende delle comunità musulmane di tutto il mondo per permettere ai nostri popoli di vivere una vita migliore."

"I problemi che vi ho illustrato non sono facilmente risolvibili, ma abbiamo tutti la responsabilità di unirci per il bene e il futuro del mondo che vogliamo, un mondo nel quale gli estremisti non possano più minacciare i nostri popoli e nel quale i soldati americani possano tornare alle loro case; un mondo nel quale gli israeliani e i palestinesi siano sicuri nei loro rispettivi Stati e l'energia nucleare sia utilizzata soltanto a fini pacifici; un mondo nel quale i governi siano al servizio dei loro cittadini e i diritti di tutti i figli di Dio siano rispettati. Questi sono interessi reciproci e condivisi. Questo è il mondo che vogliamo. Ma potremo arrivarci soltanto insieme."

"So che molte persone - musulmane e non musulmane - mettono in dubbio la possibilità di dar vita a questo nuovo inizio. Alcuni sono impazienti di alimentare la fiamma delle divisioni, e di intralciare in ogni modo il progresso. Alcuni lasciano intendere che il gioco non valga la candela, che siamo predestinati a non andare d'accordo, e che le civiltà siano avviate a scontrarsi. Molti altri sono semplicemente scettici e dubitano fortemente che un cambiamento possa esserci. E poi ci sono la paura e la diffidenza. Se sceglieremo di rimanere ancorati al passato, non faremo mai passi avanti. E vorrei dirlo con particolare chiarezza ai giovani di ogni fede e di ogni Paese: "Voi, più di chiunque altro, avete la possibilità di cambiare questo mondo"."

"Tutti noi condividiamo questo pianeta per un brevissimo istante nel tempo. La domanda che dobbiamo porci è se intendiamo trascorrere questo brevissimo momento a concentrarci su ciò che ci divide o se vogliamo impegnarci insieme per uno sforzo - un lungo e impegnativo sforzo - per trovare un comune terreno di intesa, per puntare tutti insieme sul futuro che vogliamo dare ai nostri figli, e per rispettare la dignità di tutti gli esseri umani."

"È più facile dare inizio a una guerra che porle fine. È più facile accusare gli altri invece che guardarsi dentro. È più facile tener conto delle differenze di ciascuno di noi che delle cose che abbiamo in comune. Ma nostro dovere è scegliere il cammino giusto, non quello più facile. C'è un unico vero comandamento al fondo di ogni religione: fare agli altri quello che si vorrebbe che gli altri facessero a noi. Questa verità trascende nazioni e popoli, è un principio, un valore non certo nuovo. Non è nero, non è bianco, non è marrone. Non è cristiano, musulmano, ebreo. É un principio che si è andato affermando nella culla della civiltà, e che tuttora pulsa nel cuore di miliardi di persone. È la fiducia nel prossimo, è la fiducia negli altri, ed è ciò che mi ha condotto qui oggi."

"Noi abbiamo la possibilità di creare il mondo che vogliamo, ma soltanto se avremo il coraggio di dare il via a un nuovo inizio, tenendo in mente ciò che è stato scritto. Il Sacro Corano dice: "Oh umanità! Sei stata creata maschio e femmina. E ti abbiamo fatta in nazioni e tribù, così che voi poteste conoscervi meglio gli uni gli altri". Nel Talmud si legge: "La Torah nel suo insieme ha per scopo la promozione della pace". E la Sacra Bibbia dice: "Beati siano coloro che portano la pace, perché saranno chiamati figli di Dio".

"Sì, i popoli della Terra possono convivere in pace. Noi sappiamo che questo è il volere di Dio. E questo è il nostro dovere su questa Terra. Grazie, e che la pace di Dio sia con voi."

Sunday, May 17, 2009

Rome, City of Faces - an international community on Facebook


Rome’s expat foreigners have not lost their love of virtual chatting on coming abroad, with online international communities growing. So where are the opportunities in amongst the web-junk and what are the advantages of making connections the virtual way?

Italy on Facebook
Tech-trend monitors say that Italy is lagging behind the rest of Europe in terms of time spent on the internet, with just 32 percent of the population logging on for just two hours a week on average, preferring to spend more time with friends and family in the old-fashioned way.

Social networking sites such as Facebook however have not been without some impact, particularly with regard to making a statement, with hundreds registered in groups for/against mayor Gianni Alemanno, 22,000+ petitioning that “no one touches” mafia-threatened writer Roberto Saviano and 100,000 registered in “support of institutions and research” in opposition to recent education spending cuts. But there is little evidence of translation into real-life action or events and such impassioned causes have even been overtaken by the fan group of Pan di Stelle biscuits, which stands at 121,000 members.

Disillusionment?
One event that did aim to put life into clicks was Mega Facebook party Roma, a city-organised event that has taken place all over the world, putting Facebook users in face-to-face contact at a giant party. Its very concept suggests that many friendships made on the site normally never progress beyond the screen, even though many users would seemingly like them to. Rome’s party, held at Zero Space Village in October, was attended by some 3,000 people and reported on by Italian daily La Repubblica (’Pianeta Facebook tra vero e virtuale‘, 12 October 2008). Some enjoyed the novelty of diversity, like a 50 year old mother who was able to socialise with her son’s classmates. “The site gives you the opportunity to choose who you interact with and then the party helps you to socialise. In Rome it’s difficult to make new friends”, said Tiziana, 39, a graphic designer. Others were disappointed, finding it difficult to track down faces, like one 31-old office worker, “I have 50 friends on Facebook but I haven’t met even one. In the photos everyone is fascinating but I haven’t even seen one good looking man here.”

Behind the scenes
Via Facebook, we contacted some of the creators of several online communities – designed to promote events in Rome or simply to share Rome-based interests – to find out what happens on international Facebook groups:

Charles Collins (Global Pub quiz Rome), Pub Quiz at the Scholar’s Lounge and Abbey Theatre pubs. Quizzes are held three times a month with prizes of €400 cash, bottles of whisky and mini beer kegs.

Patrizia di Gregorio (Expats living in Rome by Patrizia), Expat group, generally aged 25 or over that meets twice weekly for aperitivo on Tuesday and dancing at weekends. Over 600 members.

Natasha Valentina (Friends in Rome),“International group who meet weekly, with over 300 members. Recent events include a guided Caravaggio tour, Thanksgiving dinner and a Tiramisu party.

Chris Carriero (You know you have lived in Italy when.. .), To share experiences about the things about Italy that you love or hate.

Andrea Presutto (In love with Rome) For anyone who lives, works or studies in Rome or just misses the Roman way of life. Recent events include a guided visit to the Sancta Sanctorum, the private chapel of the Popes in San Giovanni.

Why did you start your Facebook group?
Charles: “Originally, the group was meant to create a sense of “community” for people who regularly played the Pub Quiz. But in reality, people don’t seem to use Facebook groups for ongoing interaction. It was actually quite dormant for a long while, until I decided to see if I could promote the quiz more…although most of the members of the group have never played (nor could the pubs hold them if they all showed up!)”

Natasha: “It’s sometimes hard for tourists and expats to know the best places to go on a Friday night, or what activities to pursue during the weekend. Our events tend to be at cool locales that show off the best of our city and the parties we put on bring together the diversity in our group and create something of a cultural-fusion.”

Chris: “…Because of the little details that people take with them from Italy after living there. I lived there for 10 years and had a lot of memories of yelling, pasta, no line etiquette and rouge motorini. I also use it as a marketing research tool for iKangaroo (a website targeting budget independent travellers) to identify any trends and attitudes that might
show up through the posts or pics. I post things every now and again, but the point was to start the thread and see where it goes.”

Andrea: “To promote Rome and its beauty and at the same time to keep in touch with all those people from all over the world that for different reasons like Rome and the Roman way of life”

What are the advantages of online social networking?
Patrizia: “We try to help one another in house searching, jobs, and networking. Newcomers send me messages and I try to set them up with a place to live because I have many resources. Of course it’s great that news gets around, but lately my inbox has been full of emails, and I like to answer each one of them- ignoring my friends and family. This is why I have stressed to the group to put information up on the wall because up till now I have been the information center!”

Chris: “As a research tool and for keeping in touch it is fantastic, they have done a great job of keeping out spam. Also, I use it the same as you have used it to contact me which is a great and efficient tool that did not exist 2 years ago.”

Andrea: “Facebook has reduced the distances between people and gives you the opportunity to keep in touch. It improves social skills because you need to make an effort to interact with your friends and with all those people that contact you for different reasons.”

Any problems?
Charles: “Facebook is problematic for event organizing in many respects. People will often hit “attending” on anything that catches their eye, so I do have to spend time trying to figure out who is really showing up, since both bars hosting the quizzes have limited capacity.”

Patrizia: “Once a group like ‘Expats living in Rome’ gets attention it’s also a target. I get many complaints from new users that they get friend requests from other promoters that start sending them invites and I lose many of my group before they attend an event. There are many events of course but there is a difference between this one and the others.”

Natasha: “Not all of our friends have or use Facebook, so our announcements do not reach everyone we would like. Also, its always hard to get a real sense of the personality of a group through only the paragraph or so on a group page.”

Is Facebook changing social trends among expats in Rome?
Charles: “My experience is that Facebook does not truly create a social environment. Most group discussions are small, and the walls are covered with ads from people under the mistaken assumption people actually read them. I never had one person respond to a notice I wrote on a Facebook group’s wall!” I only started using my group to promote the quiz this year but my average attendance has gone up by about 50 percent. Also, the way people register for the quiz has changed, with most people now registering by Facebook, as opposed to email. It has also lowered the average age of participants.”

Patrizia:“There are other things that happen outside my group; there are some in the group that are shy, or need more intimate meetings, I meet with people one-on-one, and if I can’t do it, I ask someone in the group that would like to help out to maybe meet them first before they attend a happy hour.”

Chris:“Here, people act just as they do in real life. I think of social skills as being responsive, honest and polite. These qualities are not enhanced but perhaps magnified either positively or negatively.”

TRF on Facebook and more
The Roman Forum Magazine group page has now been launched. Members have the opportunity to get a sneak preview of latest issues, give feedback about the magazine, chat with staff and writers and get party invites!

Other Facebook groups of interest to expats include: Addicted to Rome (Rome Appreciation, forum and Q&A about moving to Rome), Au Pairs Rome, La Società Italiana Au Pair, VCN Rome, Tour guides of Rome (Professional networking, events, housing and job information), Tandem Language Learning Roma/European Students’ Forum AEGEE (weekly language exchange and socialising),2° Megaparty Facebook Roma

By Caroline Prosser

Caroline Prosser is 27 and has been living in Rome, Italy, for the past four years as a journalist, teacher of English and tour guide. She is originally from Cumbria, England.

Saturday, May 16, 2009

Friday, February 13, 2009

L'UOMO E LA MACCHINA

LA MACCHINA CHIESE ALL' UOMO: MI DARESTI UN PO' D' AMORE?

L' UOMO PIANSE.

LA MACHINA PRESE I SOLDI DELL' UOMO E SI SPENSE.

NON SAPEVA CHE AVEVA RICEVUTO TUTTO L' AMORE POSSIBILE.

E NON POTEVA SAPELO PERCHE' MAI, PER NEMMENO UN SOLO ISTANTE, LO AVEVA CONDIVISO.



OGNI MATTINA CANTAVA IL GALLO E SORGEVA IL SOLE.

SI SVEGLIAVA. LAVORAVA LA TERRA. MANGIAVA. CAGAVA. DA UN CERTO GIORNO IN POI, SCOPAVA

E INFINE ANDAVA A DORMIRE.

PERO' PIU' O MENO DA QUANDO INIZIO' A CHIEDERSI PERCHE' CANTAVANO GLI UCCELLI E

SI RUFIANAVANO I GATTI O LE FAINE GLI AMMAZZAVANO LE GALLINE,

INIZIO' A CHIEDERSI ANCHE CHI FOSSE, PER VOLONTA' DI COSA,

PERCHE', INFINE, IL GALLO CANTASSE E PURE QUEL MALEDETTO SOLE SORGESSE.


LA BRAMA DI CONFERMA DELLA SUA STESSA ESISTENZA, HA ACCOMPAGNATO L' UOMO

PER UN LUNGO CAMMINO CHE DA MITI, LEGGENDE, RELIGIONI, FORSE LO HA CONDOTTO,

"OGGI", ALLA SCIENZA, CON CUI FINALMENTE IL PERCHE' E' DATO (CREDE), DA LUI STESSO E

DALLA SUA ORGANIZZAZIONE DELLA REALTA'.

L' UOMO NON DEVE PIU' CAPIRE COME FUNZIONA IL MONDO E NEPPURE RICORDARE CHE CIO'

DETERMINAVA LA SUA SOPRAVVIVENZA, PERCHE' ORA E' LUI A COSTRUIRE (DISTRUGGERE?)

IL MONDO, COME PIU' GLI CONVIENE.

USO DEGENERATO IN ABUSO DOVE LA SCIENZA, SE PERSONIFICATA, APPARE LEI PURE VITTIMA.

"NULLA SI CREA E NULLA SI DISTRUGGE", MA PARE SIA STATO IGNORATO O FORSE L' UOMO STESSO

E' STATO ACCECATO DALLA CONTINUA DIMOSTRAZIONE CHE IL LIMITE PUO' E SEMBREREBBE,

ADDIRITTURA, DEVE ESSERE SUPERATO.

L' UOMO DEVE SUPERARSI PERCHE' L' UOMO, NON SOLO VUOLE PENSARLO, MA DESIDERA

ESSERE, A TUTTI GLI EFFETTI, DIVINITA'.

NON E' IL 2009 d.C. CHE VEDE LA DEGENERAZIONE E LA PAZZIA CHE PRENDONO IL SOPRAVVENTO

E REGNANO SOVRANE LE MENTI UMANE. UN PO' E' SEMPRE STATO COSI' E NE ABBIAMO DI CONFERME

NEL PASSATO. RICORDO ORA UNAMUNO, MA POTREI CITARNE MOLTI ALTRI.

FORSE LA MAGGIOR PARTE, ANCHE SE NON NE FECERO MAI PAROLA E RESTERANNO ANONIMI FINO ALLA FINE,

POICHE' HANNO VISSUTO E NON C'E' LORO RICORDO.

L' HANNO PENSATA, DESIDERATA, CERCATA:

L' IMMORTALITA'.

MA QUI COMPARE LA LIMITATEZZA CHE RIDUCE L' UOMO A QUELLO CHE E' E, NELLA MODESTIA, LO

ALLONTANA FORSE DA QUEL POCO DI DIVINO A CUI AVREBBE POTUTO ASPIRARE.

IL DESIDERIO D' IMMORTALITA' NASCONDE UNA PAURA.

LA PAURA PIU' ANTICA, QUANTO LA VITA, QUELLA DELLA MORTE.

TELEFONINI, PER ESEMPIO: POSSIAMO CHIEDERE AIUTO OVUNQUE, IN QUALSIASI MOMENTO,

ADDIRITTURA GRATIS, SE VERAMENTE NECESSARIO.

O CLONAZIONE, PER SOSTITUIRE ORGANI O RICREARE IDENTITA'.

IN REALTA' TUTTO CI SERVE E LA SCIENZA E' LO STRUMENTO CHE PIU' E' STATO ABUSATO,

PER CONTRASTARE LA NOSTRA INTIMA PAURA DELLA MORTE.

DIO NON ESISTE E ANCHE L' UOMO NON VUOLE ESISTERE, MA ANCORA NON LO SA:

CHI NON MUORE, NON NASCE E NON VIVE.

TANTA E' LA PAURA PER LA MORTE CHE SI RINUNCEREBBE ALLA VITA!

TUTTAVIA, NON TREMATE E NON ACCUSATEMI, LA SOLUZIONE C'E' E NON E' IMPOSSIBILE.

PER GLI OZIOSI, NON E' NEMMENO FATICOSA, PERCHE' RITORNA ENERGIA ED E' ESTREMAMENTE

GENEROSA. LA SOLUZIONE E' L' AMORE.

CHI LO CAPIRA' O NON LO CAPIRA' MA, COMUNQUE, LO SCEGLIERA',

SCEGLIERA' ANCHE LA VITA.

TRAMITE, IN ARMONIA CON CIELO E TERRA, RENDERA' (ANCORA) POSSIBILE L' ESISTENZA.

"NULLA SI CREA E NULLA SI DISTRUGGE", E L' UOMO E' TRAMITE, CANALE D' AMORE,

QUESTO E' IL SUO ESISTERE.


By Caterina Pikiz

Friday, February 6, 2009

BAMBINO GIOCA AD ESSERE (NULLA)!

SUSSEGUIRSI DI OMBRE,
PENSIERI DANZANTI COME
NOTE UBRIACHE.
COLORI. SCIARPA DI ARCOBALENO.
CAPELLI BLU.
LABBRA GIALLE.
PIEDI ROSSI.
CUORE NERO.

PERCHE' SOFFRI BAMBINO?
RIFLETTI L' AMORE .
NON TI GIUNGE QUANDO
TU SOLO TI CHIEDI
" PERCHE' ? "

SFORZI PER DONARE
IMMAGINI QUANDO
IL VUOTO HAI INNANZI
E NON CAPISCI CHE
LA RAGIONE E' DA
LORO CALPESTATA CON
IL DONO DELLA VISTA,
TEMPO ADDIETRO.

TU CIELO. TU SCURO, NERO.
TU SOLO.
RIDONO DI TE.
LA VERITA' FA RIDERE
PERCHE' ACCETTARLA SAREBBE
LA CONDANNA A MORTE .
L' ULTIMO DESIDERIO SAREBBE
STATA LA MORTE,
PRIMA ANCORA DI SFIORARE
IL NULLA.

IL NULLA HA APERTO
IL SENTIRE DEI COLORI.
HANNO CAPITO CHE IN ETERNO
SAREBBE STATO LORO NEGATO

IL POSSESSO.

NUDI. SPOGLI.
NEMMENO. VUOTI...
PIENI
DI UN TESORO
CHE NON PORTA IL LORO NOME ,
MA COLORI CHE NON
GLI APPARTENGONO E NON
GLI APPARTERRANNO MAI.
SCHIAVI DI UNA BUGIA,
QUELLA DEL
SOPRAVVIVERE.
LA LUCE ETERNA .

BAMBINO GIOCA AD ESSERE
NULLA!

Caterina Pikiz CPG.