Il 12 luglio 2011, il Parlamento ha approvato la legge n. 120, che contiene disposizioni in materia di parità di accesso agli organi di amministrazione e di controllo delle società quotate in mercati regolamentati, nonché delle società controllate da pubbliche amministrazioni ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile, le cd. quote rosa. In particolare, suddetta legge modifica gli articoli 147-ter, 147-quater e 148 testo unico della Finanza (‘TUF’). In funzione integrativa, quindi, è intervenuta la delibera Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (‘Consob’), n. 18098 dell’8 febbraio 2012, che introduce l’articolo 144-undecies nel regolamento di attuazione del TUF (‘Regolamento Emittenti’ o ‘RE’), adottato con delibera n. 11971 del 14 maggio 1999 e successive modifiche.
Ai sensi dell’articolo 2 della legge n. 120 del 12 luglio 2011, le nuove disposizioni previste dal TUF si applicheranno a decorrere dal primo rinnovo degli organi di amministrazione e degli organi di controllo delle società in questione successivo ad un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge (riservando al genere meno rappresentato, per il primo mandato in applicazione della legge, una quota pari almeno a un quinto degli amministratori e dei sindaci eletti), quindi, dal primo rinnovo successivo al 12 luglio 2012. Per quanto concerne la delibera Consob n. 18098 dell’8 febbraio 2012, diversamente, il nuovo articolo 144-undecies RE entrerà in vigore già a partire dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
A partire dal 12 luglio 2012, le società quotate dovranno prevedere all’interno dello stesso statuto (per ciò che concerne Consiglio di Amministrazione e Consiglio di Gestione) e dell’atto costitutivo (con riferimento al collegio sindacale), una composizione del Consiglio di Amministrazione (‘CdA’), nonché del Consiglio di Gestione e degli organi di controllo, che assicuri l’equilibrio tra i generi. Sarà sempre lo statuto, inoltre, a dover disciplinare le modalità di formazione delle liste del CdA ed i casi di sostituzione in corso di mandato, al fine di garantire il rispetto del criterio di riparto previsto dalla legge medesima.
In particolare, per quanto riguarda il Consiglio di Amministrazione, il genere meno rappresentato dovrà ottenere almeno un terzo degli amministratori eletti e tale criterio di riparto si applicherà per tre mandati consecutivi. In caso di inottemperanza, la Consob diffiderà la società interessata affinché si adegui a tale criterio entro il termine massimo di quattro mesi dalla diffida. In caso di inottemperanza alla diffida, la Consob applicherà una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 100.000 a euro 1.000.000, secondo criteri e modalità stabiliti con proprio regolamento e fisserà un nuovo termine di tre mesi ad adempiere. In caso di ulteriore inottemperanza rispetto a tale nuova diffida, i componenti eletti decadranno dalla carica.
Qualora il Consiglio di Gestione sia costituito da un numero di componenti non inferiore a tre, ad esso si applicheranno le disposizioni previste per il Consiglio di Amministrazione.
Con riferimento al Collegio Sindacale, il nuovo dettato normativo stabilisce che il genere meno rappresentato dovrà ottenere almeno un terzo dei membri effettivi per tre mandati consecutivi. In caso di inottemperanza, la Consob diffiderà la società interessata affinché si adegui a tale criterio entro il termine massimo di quattro mesi dalla diffida. In caso di inottemperanza alla diffida, la Consob applicherà una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 20.000 a euro 200.000 e fisserà un nuovo termine di tre mesi ad adempiere. In caso di ulteriore inottemperanza rispetto a tale nuova diffida, i componenti eletti decadranno dalla carica.
Sarà necessario, dunque, andare a modificare la disciplina statutaria, prevedendo: (i) le modalità di formazione delle liste nonché criteri suppletivi di individuazione dei singoli componenti degli organi che consentano il rispetto dell'equilibrio tra generi ad esito delle votazioni. Gli statuti non possono prevedere il rispetto del criterio di riparto tra generi per le liste che presentino un numero di candidati inferiore a tre; (ii) le modalità di sostituzione dei componenti degli organi venuti a cessare in corso di mandato, tenendo conto del criterio di riparto tra generi; e (iii) le modalità affinché l'esercizio dei diritti di nomina, ove previsti, non contrasti con quanto previsto dagli articoli 147-ter, comma 1-ter, e 148, comma 1-bis, del TUF.
Infine, l’articolo 144-undecies RE chiarisce che, qualora dall'applicazione del criterio di riparto tra generi non risulti un numero intero di componenti degli organi di amministrazione o controllo appartenenti al genere meno rappresentato, tale numero dovrà essere arrotondato per eccesso all'unità superiore.
La domanda che, a questo punto, naturalmente sorge è: quale impatto potrà avere, a livello sociale e non precisamente societario, questo intervento normativo?
Infatti, come uno studio della stessa Consob suggerisce (Bianco M., Ciavarella A., Signoretti R., Women on boards in Italy, Quaderni di Finanza n. 70, Consob, ottobre 2011 http://www.consob.it/main/consob/pubblicazioni/studi_analisi/quaderni_finanza/index.html), in Italia, le maggiori difficoltà del genere femminile ad inserirsi nel mercato si riscontrerebbero non a livello dirigenziale, nelle grandi imprese, bensì nelle imprese minori, a livelli più modesti di carriera professionale.
Da quanto sopra riportato, emergono le seguenti considerazioni: (i) la legge n. 120/2011, nonché la delibera Consob n. 18098 dell’8 febbraio 2012, intervengono in un terreno già fertile per le quota rosa, ossia nell’unica fascia professionale dove il genere femminile sta riuscendo ad affermarsi e ad espandersi; (ii) gli interventi, inoltre, riguardano solo le società quotate e le società per azioni controllate da pubbliche amministrazioni, presumibilmente grandi imprese e, quindi, ancora una volta rientrano nella piccolissima frazione di mercato dove il genere femminile e quello maschile riescono sovente a trovare un quasi equilibrio e una parità professionali; e (iii) la nuova normativa nulla dice (e nulla risolve), a proposito dei milioni di donne italiane che si trovano in serie difficoltà, da un punto di vista di segregazione professionale (per citare lo stesso studio Consob).
Seppur provocatoriamente, sembrerebbe lecito affermare, rispondendo al quesito più sopra formulato, che le nuove disposizioni in materia di equilibrio tra i generi si traducono in un’ennesima manovra ‘tanto fumo e niente arrosto’.
Ond’evitare critiche fini a se stesse, sarebbe opportuno riflettere sui possibili, futuri interventi in materia. In particolare, alla necessità di intervenire nelle fasce più deboli di lavoratrici, che sono la maggioranza e nelle imprese di piccole e medie dimensioni, corrispondenti a circa l’80% del totale italiano. Intervenire, dunque, in quella porzione di mercato che abbassa drasticamente la media nazionale (30% di occupazione femminile), in riferimento a equilibrio tra generi, portando l’Italia a cifre minime globali, con India, Giappone, Turchia e Austria.
Infine, per ottenere risultati qualitativamente e quantitativamente soddisfacenti, sarebbe il caso di affrontare la questione quote rosa in termini più estesi: se la questione ha origini, come presumibilmente è da ritenersi, parzialmente culturali e parzialmente economiche, di certo non basterà prevedere 1/5 o 1/3 di presenze femminili in seno agli organi di società per azioni, quotate o controllate da pubbliche amministrazioni. Il dibattito, ora pressoché sterile, potrebbe/dovrebbe allargare i propri orizzonti e affrontare materie quali, per esempio, finanziamenti per i figli a carico e riforma dell’educazione primaria, compresa l’organizzazione di asili nido.
A titolo personale, ora, vorrei aggiungere e concludere suggerendo che le ‘terribili battaglie femministe’, di quelle ‘streghe cattive che volevano sovvertire l’ordine e la pace sociali’, non sono concluse. Quelle battaglie, mie care e miei cari, sono incompiute. Da qui l’accezione ed eccezione negativa, odierna del termine ‘femminismo’, generata da uomini vincitori e, al tempo stesso perdenti, di madri, mogli e figlie. Qualcuno potrà pensare (perdonatemi): ci hanno guadagnato in prostitute! Ebbene, si tratterebbe della conferma di incompiutezza del femminismo, che tutto voleva fuorché questo. Pertanto, è bene ricordarsi di quella ferita ancora aperta e pulirla e curarla, prima che sia troppo tardi… Donne e uomini, siamo ancora in tempo.
Buon proseguimento!
Milano, 17 febbraio 2012
Caterina Pikiz Gattinoni